"Chiunque faccia un' attività ha della concorrenza. La cosa che distingue una azienda dall'altra, però, è il modo con cui tale concorrenza viene interpretata.
Ci sono ad esempio quelli che considerano la concorrenza un gruppo di compagni di merende. Succede quando il mercato è ampio e la concorrenza è solo teorica: in realtà c'è ciccia per tutti. Al massimo ci si guarda un po' storto quando ci si pesta casualmente i piedi, ma tutto sommato è meglio essere tutti amici di tutti.
Ci sono poi quelli che considerano la concorrenza né più né meno che un elemento neutro, da osservare a distanza, ma con il quale evitare di relazionarsi. Ognuno fa la propria strada, in totale autonomia, senza sfide né duelli.
Ci sono infine quelli che considerano la concorrenza un "nemico". È un atteggiamento allo stesso tempo utile e pericoloso. Utile perché aiuta a meglio definire la propria identità, pur se in opposizione a qualcos' altro. Io non sono lui, questo mi identifica. Il pericolo è nel dipendere dalle scelte altrui: chi non impone se stesso alla "guerra" in atto, finirà per soccombere.
Potrete vedere varie sfumature di queste tre diverse inclinazioni in gruppi come Microsoft o Apple, le quali impongono legge in certi campi ed in altri vivono di opposizioni.
Tu invece? Tu come vivi la concorrenza?" Giacomo Dotta.
Naturalmente è stato piacevole anche da parte mia raccogliere l'invito alla riflessione, ne riporto l'intervento:
"Un discorso lungo ma credo valga la pena affrontarlo.
La concorrenza è intellettualmente stimolante. Una sana competizione genera sviluppo, miglioramenti produttivi e culturali.
Ha un'enorme valore quindi anche in campo sociale.
Il vero problema è quando la concorrenza è fatta a discapito della qualità e non parlo della qualità percepita, ma di quella reale insita nella fornitura dei prodotti. Usare materiali apparentemente identici ma in realtà con caratteristiche diverse, impiegare manodopera illegale, utilizzare software pirata, riciclare idee, immagini e foto di altri violando ogni norma sul copyright, non assumersi il costo per lo smaltimento dei rifiuti tossici, ecc. genera margini per abbattere i prezzi ma qual'è il costo che la collettività paga per quella presunta riduzione del prezzo rispetto ad un'azienda sana?
Ed allora spazio allo sconto dello sconto, nonostante danneggi la salute, ammazzi il gusto per il bello, o peggio non importa se per ammazzare con la riduzione dei prezzi un concorrente, poi inquino, ricetto o decentro le produzioni facendole made in...children ?
Io credo che la concorrenza può essere davvero il progresso ma solo se alle spalle c'è un imprenditoria con rigide leggi...ma morali !
Guardando il decadimento qualitativo della produzione a me non sembra che sia giusta la strada imboccata ed allora forse ci stanno educando un po tutti a Flyer.
Caccia al volantino e occhio al prezzo sarà la nostra inevitabile condanna ?
Io la mia prima dose di pasta economica e radioattiva me la sono già mangiata, un buon bicchiere di vino all'acido solforico l'ho bevuto, quale sarà il prossimo passo?
Ciao a tutti Sery"
Ed ecco puntuale a sostegno della mia tesi quali sono i passi successivi che stiamo percorrendo, tratto dalla cronaca di oggi, venerdì 18 ore 14.
Caserta/ Cinesi pagati 5 euro per 12 ore di lavoro. Arrestati i titolari
Per dodici ore di lavoro cinque euro, vivendo in precarie condizioni igienico sanitarie, nella fabbrica dove svolgevano la loro attività. La squadra mobile di Caserta diretta da Rodolfo Ruperti ha fatto irruzione in una villa di Lusciano, al cui interno sono stati sorpresi 5 donne e 6 uomini cinesi clandestini. I dieci hanno tentato la fuga nelle campagne adiacenti, ma sono stati bloccati da altri poliziotti che avevano cinturato l'intera zona. Un sopralluogo nella villa ha documentato che i clandestini erano operai di una fabbrica di scarpe e lavoravano in condizioni assolutamente precarie, mangiando e dormendo tutti negli stessi locali dove erano impegnati dalla mattina alla sera nel confezionamento delle calzature. I clandestini erano retribuiti a cottimo con compensi che raramente superavano quattro/cinque euro al giorno, circa 50 centesimi a paio di scarpe, a fronte di un impegno lavorativo che oscillava tra le 12 e le 15 ore. I titolari della fabbrica, due coniugi cinesi, Zang Songchi, 55 anni, e He Caimei, 48 anni, entrambi muniti di permesso di soggiorno, sono stati arrestati per riduzione in schiavitù e sfruttamento del lavoro.
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